Scrisse Le mani sporche: ecco chi era Jean-Paul Sartre

Le mani sporche è un’opera teatrale di Jean-Paul Sartre, filosofo, scrittore e drammaturgo francese, noto per essere uno tra i più importanti esponenti dell’esistenzialismo, corrente di pensiero che vede nella filosofia un mezzo per il singolo nella ricerca del significato dell’esistenza. Ma chi era Sartre? E cosa tratta questo suo dramma?

La sua biografia

Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre nacque a Parigi nel 1905, in una famiglia borghese cattolica, figlio unico di un militare e una madre che discendeva da professori ed intellettuali. Il padre morì l’anno dopo la nascita e quindi Sartre fu cresciuto dal nonno paterno. Durante l’adolescenza la salute risultò cagionevole, ma riuscì comunque a laurearsi nel 1929 in filosofia.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fece parte della resistenza, e fu deportato in un campo di concentramento, ma riuscì comunque a uscirne per motivi di salute. Dopo la guerra riprese a scrivere e a partecipare al Partito Comunista francese, ma ne uscì nel 1949 e sempre nel medesimo anno entrò a parte di un comitato internazionale con altri artisti, come Picasso e Neruda. Nel 1956, iniziò una lotta radicale contro il colonialismo con la sua rivista, ma negli anni Sessanta cominciarono di nuovo i suoi problemi di salute, che si trascinò fino alla sua morte, nel 1980.

Il suo pensiero intellettuale sarebbe lungo, da descrivere, ma si può riassumere con questa sua frase: “l‘uomo non è niente altro che quello che progetta di essere; egli non esiste che nella misura in cui si pone in atto; non è, dunque, niente altro che la somma dei suoi atti, niente altro che la sua vita“.

Le mani sporche

Questo dramma di Sartre, suddiviso per sette atti, venne realizzata nel 1948, e sembra che sia stata ispirata, seppur in maniera fittizia, dall’assassinio di Lev Trockij, assassinato dal suo segretario.

La storia si può suddividere per due inizi. Nel primo vi è un giovane intellettuale, Hugo, che esce di prigione dopo due per aver ucciso il capo del suo partito, e torna da una sua vecchia amica, perché si sente braccato dai vecchi compagni, ma Olga, la donna in questione, convince il partito a dargli una possibilità, e spiegare cosa è accaduto veramente.

A questo punto, comincia il secondo inizio, che in realtà è un lungo flashback su ciò che accadde due anni prima, ed in scena entrano non solo le figure del capo del partito, Hoederer, ma anche quello della moglie di Hugo, Jessica, in una serie di risvolti imprevisti. Hugo e Hoederer divergevano sui modi da usare, per raggiungere gli scopi prefissi, ma il delitto si consuma quando scopre lui e sua moglie insieme, e allora Hugo uccise il suo ex-capo, sentendosi tradito. Detta così, sembra la classica storia di gelosia finita nel sangue, ma Hugo è un personaggio complesso, che si fa delle domande sulla vita, sia privata che politica.

Alla fine dell’opera, in Hugo subentra la delusione, segnata dal crollo finale del suo ideale e dalla consapevolezza di aver agito per niente, in quanto la politica è solo un gioco di carte truccate. Inutile aggiungere che il dramma suscitò non poche polemiche, all’epoca.

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