Falsetto Montale: in che anno è stata pubblicata questa poesia? Di che tratta?
Tutti conoscono la raccolta Ossi di seppia, raccolta di poesia di Eugenio Montale, pubblicata nel 1925 da Piero Gobetti. Ma quanti conoscono Falsetto, una delle poesie riportate nella sua opera più famosa? Di cosa tratta? Quando l’ha composta?
Chi era Montale
E’ bene soffermarsi prima sull’autore di questa poesia, Eugenio Montale. Nato a Genova nel 1896, in una famiglia benestante, ebbe un’adolescenza difficile, a causa dei suoi problemi di salute, ma fu dopo la Prima Guerra Mondiale che iniziò ad entrare a far parte del mondo intellettuale ligure, ed è in quel periodo che comincia a scrivere le poesie che si raccoglieranno in Ossi di seppia, uscita nel 1925.
Nel 1927 si trasferì a Firenze e collabora con diverse riviste, ma sotto il fascismo viene allontanato dai suoi incarichi, non essendo iscritto al partito fascista. Fu allora che ricominciò a scrivere, pubblicando nel 1939 un’altra raccolta di poesie, Le occasioni. Nello stesso periodo conobbe anche sua moglie, Drusilla Tanzi. Dopo la guerra, nel 1948, Montale si trasferisce a Milano, iniziando a collaborare con il Corriere della Sera, scrivendo critiche letterarie e reportage di viaggio. In seguito pubblicò altre poesie, e nel 1975 vinse il Premio Nobel per Letteratura. Morì a Milano sei anni dopo, a causa di una trombosi celebrale.
Montale si contraddistingue per aver sviluppato quello che gli studiosi chiamano “poetica dell’oggetto“, un sistema di scrivere che riprese dallo scrittore e poeta inglese Thomas S. Eliot, in modo da avvicinare oggetti e figure che hanno analogie tra loro, in modo che il linguaggio poetico risultasse più schietto e diretto, carico di significati.
La poesia Falsetto
Montale compose la poesia Falsetto nel 1924, e la collocò all’inizio della raccolta di poesie di Ossi di seppia, tra le liriche Movimenti. Il titolo faceva riferimento a una tecnica di canto, che sfruttava fortemente la cavità di risonanza del capo, in modo che la voce risultasse ottenesse un tono più alto.
Questa poesia venne dedicata ad un’amica del poeta, Ester Rossi, che trascorreva le vacanze a Monterosso, centro di altre poesie di Montale, come altri paesaggi liguri, sia marini che montuosi. In questa poesia, Esterina (così viene chiamata), viene descritta come una donna di vent’anni, distesa al sole su uno scoglio, che si alza e si tuffa nel mare, dalle spiaggia dove il poeta la osserva. L’amica di Montale appare come una creatura che attinge alla natura, come una divinità pagana, e come in altre poesie di Montale vi è un qualcosa di negativo e doloroso, perché mentre la giovane si tuffa, chi rimane a terra sembra condannato ad osservare la vita, sviluppando un senso di angoscia.
Un altro elemento importante delle poesie di Montale, è il paesaggio, che appare secco, battuto, che a momenti è mosso dal vento, ed in altri momenti è come “morto”. Molti studiosi hanno visto spesso Ossi di seppie come una raccolta vicina all’Alcyone di Gabriele D’Annunzio, ma al contrario del significato pieno di vita che gli da’ lo scrittore abruzzese, nelle opere di Montale sembra quasi un presagio di morte.
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